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"Non è il buono contro il cattivo e fare in modo che vinca il buono. Il senso del calcio è che vinca il migliore in campo, indipendentemente dalla storia, dal prestigio e dal budget."

Johan Cruijff

sabato 22 novembre 2014

Fattore Riforma

Due giorni or sono il presidente Tavecchio ha approvato la tanto attesa riforma del calcio. Essa si sviluppa essenzialmente in cinque punti: 
  • Rose a 25 giocatori, di cui quattro cresciuti in Italia e quattro nel vivaio del club con l'illimitato tesseramento degli Under 21
  • Nuove regole per i cosiddetti "giovani di serie": Il giovane extracomunitario al primo tesseramento deve essere residente in Italia ed essere entrato nel paese con i genitori non per ragioni sportive e comunque aver frequentato la scuola per un minimo di quattro quattro anni.
  • Curriculum obbligatorio per uno dei due extracomunitari tesserabili ogni anno. La sostituzione del calciatore extracomunitario sarà possibile solo nel caso di esistenza del contratto da professionista da almeno tre anni (dal 2012). 
  • Fair play finanziario nel sistema delle licenze nazionali.
  • Ineleggibilità e decadenza dei dirigenti: la condanna minima rimane un anno di giudicato, ma solo per reati per i quali esiste una pena superiore ai tre anni.
Inoltre, Tavecchio ha anche presentato una bozza riguardante gli atti di violenza ai danni degli arbitri (unico tema che ha trovato la totale condivisione dei presenti). Verrà votata nel prossimo consiglio federale.
Dettati punti, mi accingo ad una più minuziosa analisi: il primo punto implica una drastica riduzione delle rose per diciannove squadre di Serie A. Ciò comporta due cose per i giocatori in esubero: o la vendita dei giocatori in esubero, il che porterebbe ad una significativa diminuzione del loro valore di mercato, o lo svincolamento. Due strade difficilmente percorribili. La terza strada la indica nientepopodimeno che Claudio Lotito (c'è bisogno di aggiungere altro?), ovvero le "multiproprietà" di società calcistiche in serie minori.
Il secondo e terzo punto sono piuttosto contradditori. Di fatto si apre al terzo extracomunitario, in quanto il parametro che definisce un curriculum "all'altezza" è l'aver presieduto in panchina almeno due volte nell'ultimo anno. Anche il criterio del contratto da professionista pare piuttosto blando. La nota positiva è che si dovrebbe "rallentare" la compravendita lampo di giocatori, tipiche di club come Udinese e Catania.
Il quarto punto è, a mio parere, un bel segnale. Le nuove norme si allineeranno con le quelle imposte dalla Uefa. Ciò andrà a sfavorire i club più piccoli, ma potrebbe essere anche uno stimolo ad investire più sui capitali umani (allenatori con nuove idee, giovani italiani, maggiore intraprendenza) che monetari.
Il quinto punto è un'assurdità, ma ormai a in un Paese come il nostro, in cui la giustizia ha migliaia di volti, cose del genere sono un'abitudine.

In definitiva la ritengo una riforma con diversi limiti. Non è radicale e rischia di essere il classico specchietto per i tifosi da bar. Servono provvedimenti più decisi, più rivoluzionari; a partite non tanto dalla Serie A, quanto dalla Lega Pro e Serie B. Questo pare nient'altro che un aiuto ai progetti di Lotito e una pezza piccola ad una falla grande, un'altra mezza riforma che, probabilmente, non muoverà le acque, in questo periodo piuttosto stagnanti. Ripeto lo stesso che concetto che espressi il giorno dell'elezione di Tavecchio: si può e si deve cambiare.

mercoledì 19 novembre 2014

Fattore Barricata

In un vecchio post riguardante l'approdo di Antonio Conte sulla panchina dell' Italia, avevo espresso alcuni dubbi sulla sua effettiva capacità di allenare una Nazionale. Dubbi che, nelle ultime due partite, sono stati  parzialmente confermati.
Conte è un allenatore dalle indubbie conoscenze, ha preso una squadra allo sbando, vittima delle gestioni fallimentari di Ferrara e Delneri (più Zaccheroni nel ruolo di Caronte), e l'ha trascinata fino al triplice trionfo in campo nazionale. Il tecnico leccese, paragonato per certi aspetti a Mourinho, è in grado di tirar fuori determinazioni e voglia (che lui ama racchiudere sotto la parola "fame") in un modo eccelso. Ha la tendenza di spremere i suoi fino allo sfinimento, ma i risultati, finora, gli hanno dato sempre ragione.
I miei dubbi nascevano dal fatto che Conte sa far giocare bene una squadra facendola lavorare molto; non riuscivo a capire, quindi, come potesse ottenere gli stessi risultati selezionando giocatori plasmati nel quotidiano da mani che non fossero le sue. Oltretutto, a remar contro (stage o non stage) vi è anche il tempo, sempre più ristretto. Ed ecco il paradosso: Conte, che a marzo si era infuriato con Prandelli per la convocazione di un "ammaccato" Chiellini, ora chiede disperato aiuto alle società. E' passato dall'altra parte della barricata, portandosi dietro anche un pò di ipocrisia.
Detto ciò, mi pare che su alcune questioni abbia ragione: le squadre italiane, oltre ad essere piene zeppe di stranieri (la maggiorparte dalle dubbie qualità), non si allenano fisicamente a sufficienza. La prova ne è il fatto che le formazioni europee, chele nostrane affrontano in Champions o in Europa League, corrano quasi il doppio più a lungo. Ma questo ha radici ancora più profonde, che partono dalla mentalità tutta italiana di anteporre la tattica (che si riducono in tatticismi) alla tecnica e alla resistenza fisica.
Conte non è probabilmente l'uomo giusto, ma è sicuramente nel momento sbagliato. I colori azzurri si basano su ultra trentenni (Buffon, Pirlo e De Rossi) e su una penuria di calciatori che sappiano saltare l'uomo. Non a caso ci esaltiamo al dribbling di un Cerci o di un Giovinco qualsiasi. Conte non ha del buon materiale grezzo ed è in un momento di piena crisi; toccherà a lui il fardello di trovare un'idea per vendere a buon mercato il poco che ha, con la consapevolezza che non tutto si compensa con schemi ben impostati. E' passato, di propria volontà, dall'altra parte della barricata, spero sinceramente che qualcuno dei giocatori lo segui. Due partite e ne manca già uno all'appello, quello "tornato al proprio Paese", Tavecchio dixit.

sabato 15 novembre 2014

Fattore Esonero

Nei personali  pronostici  di una calda mattina di agosto avevo piazzato l' Inter al terzo posto, dietro a Juventus e Roma. Lo so, a tutti capita di farsi scappare una sciocchezza, anche se mancano ancora tante partite da qui fino alla fine del campionato.
Vedo sempre con sincera disapprovazione gli esoneri degli allenatori. Mandare via una persona è un errore di chi l'ha chiamata. Non so chi, in questo caso, abbia preso questa decisione, se Fassone o Ausilio, ma tant'è, alea iacta est. Mazzarri, da parte sua, non ha fatto niente per evitare questo esonero, anzi, a tratti sembra averlo quasi auspicato: tralasciando le popolari scuse, dagli infortuni alle condizioni atmosferiche, non è riuscito a dare un gioco alla squadra, delle cui individualità si può discutere fino ad un certo punto; la rosa è più che valida in un campionato come quello attuale. Altri errori sono sicuramente stati la cattiva preparazione estiva e la mancata cura dei giocatori con più talento. Sulla prima ormai da diversi anni in Italia ci si concentra maggiormente sulla tattica, sui moduli, dimenticandosi che per giocare a pallone, prima di tutto, bisogna correre; arrivare prima sul pallone fa la differenza nella quasi totalità delle azioni di gioco. Sulla seconda bisognerebbe addentrarsi nelle situazioni quotidiane di lavoro, ma i mancati exploit di Hernanes, fantasma del bel giocatore che fu biancoceleste, di Kovacic, certamente ancora acerbo sotto diversi punti di vista, di Palacio, anch'egli una copia scarsa di quello genoano, pesano e non poco.
Si riparte da Mancini, che porterà sicuramente entusiasmo, bisogna vedere per quanto. Questo cambio di panchina costerà come trenta e passa milioni, all'incirca il costo di un giocatore di alto livello. Inutile che vi ripeta cosa avrebbero fatto all'estero, eccetera eccetera...
Mancini, sottovalutato con gli scarpini, sopravvalutato con le sciarpette, riparte senza Ibrahimovic e con la cosapevolezza che Thohir, o chi ne fa le veci, di calcio ne capisce poco.


http://www.inter.it/it/news/67005

giovedì 6 novembre 2014

Fattore Gironi Champions

Ho atteso qualche settimana per tornare a riscrivere, troppi risultati scontati e bizzarri.
Partiamo dalla Roma. Quella di ieri è stata una partita senza significato, inutile parlare di "recuperata dignità" o dello scarto di sette goal della scorsa come un "incidente di percorso". Chi punta in alto non ha bisogno nè di recuperare la dignità con le seconde linee (proprie e degli avversari) e non ha incidenti di percorso, al massimo percorsi accidentati. La Roma non ha le stesse qualità del Bayern, ma neanche la stessa determinazione (o per dirla alla Conte "fame"). I giallorossi vengono da una stagione di grandi numeri, che, in assenza di numeri superiori della Juventus, avrebbero significato scudetto assicurato. Una stagione che probabilmente ricapiterà tra molti anni; la mancata vittoria finale pesa sulle gambe, e non poco. Sarà compito di Garcia rinnovare le ambizioni della Roma e, al momento, paiono piuttosto infiacchite.
Il regalo del Man City facilita il viaggio verso gli ottavi, ora però non bisogna fare passi falsi.
Passando alla Juventus, si è vista una bella gara, che dimostra, ancora una volta, come una tendenza maggiormente offensivista possa portare grandi soddisfazioni. Ottima la scelta di Allegri di cambiare modulo, fare di necessità virtù negli ultimi tempi ha portato buoni risultati ai bianconeri: dal 4-2-4 al 3-5-2 con il Napoli o il 4-3-3 con il Real Madrid (due partite eccezionali, seppur incassando un magro bottino). Cambiare fa bene e molti allenatori dovrebbero capirlo, vedi Mazzarri.
Gli ottavi sono un traguardo raggiungibile per entrambi e non credo che l'attuale campionato toglierà molte energie. Vedendo i risultati della Serie A, più che parlare di "partite combattute", mi viene da dire "combattimenti tra poveri" (soprattutto a livello tecnico e fisico).
Apro una piccola parentesi sull'assegnazione del Pallone d'Oro. Al di là degli interessi economici che vi sono dietro, io, come avrei fatto nel 2012 a Iniesta o Xavi, assegnerei il premio ad un tedesco, in quanto rappresentante della migliore espressione del calcio. Se devo fare un nome, sto con Kahn: Neuer.