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"Non è il buono contro il cattivo e fare in modo che vinca il buono. Il senso del calcio è che vinca il migliore in campo, indipendentemente dalla storia, dal prestigio e dal budget."

Johan Cruijff

mercoledì 25 giugno 2014

Fattore Fallimento

Parlare adesso è come sparare sulla Croce Rossa, ma è necessario farlo. La partita di ieri sera è stata quella che ha sancito un grande fallimento, forse il più grande della storia del calcio italiano. Non esagero, purtroppo. Parto dal 2010. Lippi esce distrutto dall'esperienza sudafricana con un girone morbido: Italia, Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia. Ci fu una mancanza di ricambio adeguato. Non c'era più quella impertinente spensieratezza che ci aveva portato sul tetto del mondo a Berlino. Era una squadra che aveva bisogno di dimostrare molto e alla fine non dimostrò niente.
La panchina venne affidata a Cesare Prandelli, persona squisita, ma con un curriculum non certo di un vincente. Agli Europei del 2012, riuscimmo, a fatica e a sorpresa a conquistare il secondo posto. La Spagna campione di tutto ci rifilò un sonoro 4-0. Complici furono, allora, le scelte di formazione di Prandelli, che vollero premiare anche giocatori che non avevano nè testa nè fiato per giocare, su tutti Chiellini e De Rossi.
Da allora sono state sprecate (e mi raccomando non spese) tante, troppe parole. Riguardo a tutto: sul ruolo "politico", sul ruolo etico e sul ruolo tattico di una Nazionale povera di campioni e acerba di talenti.
Prandelli ha difeso a spada tratta Balotelli, esaltando i suoi pregi, come si fa con i soprammobili da mettere in prima vista, e nascondendo i suoi limiti, come si fa con la polvere sotto il tappeto.
Ha applicato il cosiddetto "codice etico", sulla cui utilità e chiarezza, nutro ancora profondi dubbi. E' stato applicato solo quando conveniva, vedi i casi riguardanti Criscito e Bonucci, Destro e Chiellini.
Infine, ha mandato in Brasile un gruppo di giocatori, che chiamare "squadra" sarebbe una battuta piuttosto audace. Partendo dalla convocazione di Cassano, fuori dal giro della Nazionale da più di un anno, fino alla fiducia in Thiago Motta e Balotelli. Prandelli è stato vittima del suo orgoglio al momento delle convocazioni e della sua pancia da tifoso in campo. Si è fatto promotore del 4-3-1-2 per anni, pur sapendo di non avere un trequartista degno di questo nome, per arrivare in Brasile con il 3-5-2, passando inoltre per il 3-6-1 (sì, sono d'accordo con Zeman). Si è passati dalle due punte più mezzali improvvisate trequartisti per arrivare all'unica mezza punta. Confusione totale.
Arrivando alla partita di ieri, il fallimento è figlio di due padri. Il primo, l'arbitro. Il rosso di Marchisio e l'azzannata di Suarez (che andrebbe allontanato dai campi di gioco per il bene dei giovani che potrebbero prenderlo d'esempio), sono errori da matita blu. Il secondo padre, quello più influenzante è stato Prandelli e le sue scelte. Su invocazione popolare ha schierato la difesa a tre, pur non essendone uno stimatore, e la coppia Balotelli-Immobile, pur non essendone convinto. Poi si è passati dalla sostituzione peggiore che potesse fare: fuori un attaccante per un centrocampista, Balotelli per Parolo. Si è passati, successivamente, alla seconda sostituzione peggiore che potesse fare: fuori una punta "di movimento" per una mezza punta piuttosto spuntata, Immobile per Cassano. Infine, come se non bastasse, fuori Verratti per Thiago Motta. . Aggiungere un centrocampista di livello mediocre, un giocatore finito anni fa e uno con grossi limiti tecnici, sono, questi sì, stati gli errori che ci hanno buttato fuori dal Mondiale.
Prandelli ha rassegnato le dimissioni, giusto. Con lui anche Abete e compagnia bella, sacrosanto. Ora basta dirigenti che non capiscono di calcio, portati sul trono dalla politica e dal potere. Hanno fallito una sfilza di incompetenti, obsoleti e vittime delle loro stesse vane parole.
Vorrei solo aprire una breve parentesi su Tabarez, Lugano e Suarez. Le loro parole, i loro comportamenti sono aberranti, indifendibili. Negare i fatti, sbandierare la falsa moralità e nascondersi dietro all'indifferenza, sono atteggiamenti riprovevoli sia per un vecchio allenatore, sia per un capitano e sia per un grande talento.
Da parte nostra è ora che si riparta da zero, tornando a parlare, finalmente, di calcio.

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